Se c'è una cosa che odio è quella di sentirmi ignorante. Non sono certo uno di quei tuttologi che se gli chiedi i sintomi dell'herpes è come se sfogliassi la Treccani Medicina e subito dopo qual è l'essenza del pensiero di Shopenauer ti inondano di citazioni, teorie e confutazioni delle stesse.
Mi ritengo moderatamente ignorante. Specialmente nell'ambito della letteratura e della musica.
Vengo al dunque. E a quella spina che, per un perfezionista che va di fretta come io sono, mi si è incastrata da un paio di giorni lì, nel cervello e nelle pieghe della mia autostima.
Come sapete, Ottoperenne si basa su qualche riflessione su di una notizia, un pò di psicologia e qualche brano musicale. E' la musica il mio tarlo. Chiacchierare mi riesce bene, di psicologia qualcosa la so ma vado di fretta, preparo il programma il lunedì notte, lo registro di pomeriggio e il divertimento spesso si trasforma in logorìo e stress. E la musica la metto sempre in secondo piano.
A volte mi piace ciò che dico, altre volte no. Scelgo qualche disco, spesso me li propongono. Solitamente non ho il tempo per ascoltare i dischi che gli esperti musicali della radio mi suggeriscono; sento, "assaggio" per 30 secondi la canzone, scelgo quella più in sintonia con il tema o con lo stile del programma e via.
Mi sottopongono qualcosa di Charlie Parker.
Ascolto i 30 secondi del brano e lo presento come una "canzone". Non conoscevo Parker nè la sua musica. Non è una canzone. Non è una canzone!!! E' musica! Solo, splendida musica! Il mio severissimo giudice interno mi sgrida e mi umilia da un paio di giorni.
Stanotte ho riflettuto. E ho deciso una cosa. Non darò mai più ad un mio interlocutore qualcosa che non conosco vendendola come conosciuta. E' faticosisimo oltre che ridicolo.
E' un'operazione trasparenza che m'impongo. E' la consapevolezza che posso essere ignorante in molte cose e che mica è un dramma se lo riconosco.
Da oggi prima di parlare di qualcosa che non so, m'informerò.
Ho scoperto che Parker ha vissuto troppo poco ed è stato un musicista tormentato e geniale. Che è ritenuto il padre del bebop, che veniva chiamato "the bird" e che, parlando del suo strumento, diceva: "non suonare il tuo sassofono ma lasciati suonare da esso". Diceva anche, parlando della sua musica: "non riuscivo più a sopportare le armonie stereotipate che allora venivano continuamente impiegate da tutti. Continuavo a pensare che doveva esserci qualche cosa di diverso. A volte riuscivo a sentire qualcosa, ma non ero in grado di suonarlo... Si quella notte improvvisai a lungo su Cherokee. Mentre lo facevo mi accorsi che impiegando come linea melodica gli intervalli più alti delle armonie, mettendovi sotto armonie nuove, abbastanza affini, stavo suonando improvvisamente ciò che per tutto quel tempo avevo sentito dentro di me. Rinacqui a nuova vita" .
E' fantastica questa visione della musica, come qualcosa che nasce da dentro, un flusso vitale che vuole emergere e che solo provando e riprovando può mostrarsi nella sua bellezza. Un pò come tutte le passioni o le attitudini che teniamo nascoste e che, quando sbocciano alla luce del giorno e della condivisione ti fanno stare bene con te stesso.
Non sapere e far finta di sapere è una delle esperienze più drammatiche. L'ho capito. Perchè c'è sempre chi, di fronte a te, ti rimanda la tua ignoranza, la tua incompetenza, come il mio amico contabile che, alzando gli occhi dalla sua pila di fatture mi dice: "Cazzo, non conosci Charlie Parker? E' la meraviglia delle meraviglie!".
Sapere è essere. Sapere è possibilità prolifica di condivisione.
Fingere di sapere, magari cucendo come in un patchwork nozioni prese qua e là, può bastare a volte, altre volte è disastroso.
Chi sa, è consapevole di sapere e ama ciò che conosce bene, fa crescere gli altri. Non parlo solo della cultura "dotta" ma di tutte le esperienze umane.
Io mi impegnerò a fondo per riuscirci, nel mio piccolo.
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